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KARATE-TRADIZIONALE
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L'arte di Gichin Funakoshi
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9 validi motivi per praticare
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Il Bambino e il Karate
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Donne e Karate
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Metodo didattico
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Donne e Karate
Pregiudizi infondati, che condannano le arti
marziali a pura esibizione di forza bruta, e un condizionamento culturale che ci
fa distinguere tra 'cose da uomini' e 'cose da donne', tengono ancora lontane molte
donne dal Karate. Le arti marziali sono, secondo un'opinione corrente, poco adatte
alla natura delicata delle donne. Il Sesso debole. Oppure se ne esalta il solo valore
di autodifesa, che pure e' indubbio, ma non e' tutto, perche' cosi' si trascurano i
principi fondamentali che ispirano tutte le arti marziali.
Al Karate non interessano i muscoli perche' innanzi tutto si tratta di una disciplina
di pensiero: 'Vincere senza combattere' ( Muteki ), questo e' l'ideale del Karate.
L'assoluta mancanza di paura che deriva dalla fiducia in se' stessi, accompagnata
dalla calma, spiazzano l'avversario e rendono inutile ogni esibizione di forza.
La pratica assidua del Karate costringe ognuno, prima o poi, a fare i conti con
se' stesso: chiunque avverte lo stretto legame tra corpo e anima, il vincolo causale
tra i movimenti del corpo e la propria personalita'. A quel punto si puo' decidere
se indirizzarsi freddamente al piu' puro tecnicismo, oppure afferrare l'occasione
di conoscere se' stessi. Praticare il Karate e' innanzi tutto spogliarsi del vissuto
quotidiano -pregiudizi, maschere, ansie- e farsi ricetto dell'insegnamento impartito
con semplicita', noi stessi e basta, con i nostri difetti e qualita'. Non esiste competizione
nel Karate, se non quella sana di ciascuno con se' stesso per migliorarsi e superare
i propri limiti. Nell'eseguire le tecniche si avverte prima la lotta del nostro
essere per non fare uscire allo scoperto la parte pio' nascosta di noi stessi, poi,
insieme al rigore dell'esecuzione, la gioia dell'accettarci come siamo. E' importante
credere nelle proprie capacita', senza ostentazione, ed avere in mente che il primo
avversario e' dentro di noi. E' facile dedurre che il Karate e' adatto agli alti e
ai bassi, ai grassi e ai magri, ai biondi e ai bruni, agli uomini e alle donne,
e che quello che conta di pio' e' la disposizione interiore. Durante l'allenamento
nessuno pensa di avere di fronte un uomo o una donna e le donne non hanno indulgenze
in considerazione della propria natura (e' pur vero che talvolta lo sguardo scivola
tremebondo nella scollatura del karategi, ma e' umano): si annullano le differenze
perche' di fronte si hanno solo un corpo e un cervello con una propria intelligenza
e capacita' di controllare il corpo e dosarne la forza. In altre parole, si realizza
nel Karate quella parita' rispettosa delle differenze, tanto ricercata nella vita
quotidiana, perche' tutti seguono la stessa meta, l'allenamento del corpo e della
mente, ciascuno facendosi forte delle proprie debolezze, come il Maestro del te'
della tradizione Zen che affronto' e vinse a duello il Samurai opponendogli non la
spada ma la tranquilla consapevolezza della propria fragilita'. Una donna che sceglie
il Karate non crede di avere i bicipiti e i denti di Tyson e non vuole dimostrare
di essere un uomo. Certamente provvede solerte al proprio aspetto, ma cio' di cui
ha piu' cura e' il suo cervello e non smette mai di migliorarsi. Vive la sua femminilita'
semplicemente, senza bisogno di dimostrarla e vuole essere giudicata per quello
che fa e che dice, per le sue potenzialita' e capacita', perche' in lei la forma si
e' fatta contenuto. Non si sente ne' sottomessa, ne' superiore all'uomo, ma si giudica
e giudica gli altri come membri della stessa specie animale, operanti nello stesso
ambiente. E il Karate diventa cosi' prefigurazione della vita umana ideale.
Francesca Gallori
Un'allieva del MUTEKI DOJO FIRENZE
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